Cosplay e Aikido: trova le differenze

Il Cosplay è un fenomeno in perenne crescita. Dal teatro ai balli in maschera fino ai costumi di carnevale, vestirsi e truccarsi per assomigliare a personaggi reali o di fantasia è un’abitudine molto antica.

Però il Cosplay è una tendenza piuttosto recente, che è esplosa -manco a dirlo- in Giappone e da lì si è estesa in tutto il mondo attraverso la diffusione di manga e anime. Negli eventi dedicati al mondo del fumetto si possono incontrare tantissime persone che si vestono come i personaggi delle loro storie preferite.

Vediamo un po’ le differenze tra Cosplay e Aikido.

Cosplay: è un fenomeno nato in Giappone, si è diffuso attraverso canali non istituzionali e ha creato di fatto una vera e propria subcultura.

Aikido: è una disciplina nata in Giappone, si è diffusa attraverso community americane ed europee che facevano parte di movimenti culturali di nicchia e ha creato di fatto una vera e propria subcultura.

Cosplay: il cosplayer ama trascorrere tanto tempo nella lettura e nella visione di manga e anime, spesso si appassiona di cultura orientale. Mangia orientale, guarda film in lingua originale, spesso studia qualche rudimento di Giapponese o Coreano.

Aikido: l’aikidoka mangia. Orientale o non orientale: ogni occasione è buona per organizzare il dopo allenamento. L’aikidoka ama trascorrere tanto tempo a vedere le repliche di “Trappola in alto mare“, i tutorial su YouTube delle tecniche che deve portare all’esame e le clip di altri stili per criticare. Di solito, l’aikidoka legge poco. Si appassiona alla cultura orientale e alla lingua giapponese e infatti nella borsa mette il kimono per andare in palestra ad allenarsi. Se poi si annoda una cintura colorata è il top.

Cosplay: i cosplayer si ritrovano ai grandi eventi.

Aikido: gli aikidoka si ritrovano ai grandi eventi. Che solitamente sono organizzati tutti nel medesimo week end. Infatti ai grandi eventi si vedono sempre le stesse facce del clan di appartenenza.

Cosplay: i cosplayer spendono parecchi soldi per comprare il costume, accessori e trucco. Se poi seguono la tendenza del costuming e vogliono diventare delle copie dei personaggi, pssano un sacco di tempo a replicare gesti, frasi, smorfie…

Aikido: gli aikidoka, una volta rotti gli indugi, non hanno più ritegno e spendono un sacco di soldi per comprare le armi in legno (più o meno con un rincaro del 87236492874% rispetto allo stesso manico per zappa che si trova da Leroy Merlin). Per tacere dell’hakama o del nuovo gi col bollino dell’Aikikai cucito sopra. Osservano i propri istruttori, guardano i video di O’Sensei e dei Maestri di fama mondiale e cercano di camminare come loro, scuotere il jo come loro, annodare la cintura come loro. A volte iniziano a parlare come loro.

Infine…

Cosplay: per le loro famiglie, i cosplayer sono quelli strani. Non capiscono che cosa ci sia di costruttivo o divertente nel vestirsi da Sailor Moon a quarant’anni, né perché si debba andare a sei ore di viaggio da casa per giocare a un LARP (giochi di ruolo dal vivo).

Aikido: per le loro famiglie, gli Aikidoka erano già strani prima e al Dojo hanno trovato perlomeno un porto franco. Non capiscono che cosa ci sia di costruttivo o divertente nel subire una leva sul polso o nel farsi proiettare a un’età in cui di solito si dovrebbe pensare a mettere su famiglia o andare in pensione. Non comprendono perché si debba andare lontano da casa per dormire su un tatami e il giorno dopo passare ore a fare funakogi undo. (A volte non lo comprendono nemmeno gli Aikidoka).

Potremmo andare avanti per un bel po’. Non ce ne vogliano gli amici cosplayer e aikidoka. Abbiamo provato a riflettere col sorriso su un aspetto: una disciplina richiede al praticante di lasciarsi contaminare.

Richiede di spogliarsi delle proprie abitudini per rivestirsi di nuove prospettive. Esattamente come per un (sano) cosplay, non per essere Sailor Moon 24/7, tutti i giorni dell’anno. Che tragedia sarebbe (per alcuni: è) se fosse così. Se la pratica di una disciplina incidesse così tanto da far diventare le persone dei cloni.

Se, con un po’ di divertimento e un po’ di fatica, una forma giapponese riesce a potenziare e migliorare la persona che la indossa; se la persona riesce ad ampliare la propria capacità critica, di scelta e di discernimento, allora “vestire il costume” da marzialista è un ottimo investimento. E’ uno strumento per lavorare su se stessi.

Quante volte ci fermiamo invece a vivere le vite di altri? A vestire i ruoli di un personaggio?

Disclaimer: foto di Meiji da Pexels

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